Frutti di bosco e supercalcolatori. Vince chi trova la giusta via di mezzo. Sta, probabilmente, tutta qui la scommessa più importante del Trentino. Scommessa difficile perché le variabili sono tante, e di peso. Mettiamo lo storico dualismo fra Trento e Rovereto, mettiamo vantaggi e svantaggi di una importante autonomia, mettiamo l'eredità mentale di otto secoli di storia del principe vescovo; e poi un territorio in cui la montagna con una mano dà e con l'altra toglie, una condizione di confine, non solo geografico, e molto altro ancora.
Lorenzo Dellai, presidente simbolo di un Trentino proiettato sull'esterno in una dimensione sempre più "glocale", parla di due sfide principali. «La prima – dice – riguarda la dimensione unitaria della nostra piattaforma produttiva. Dobbiamo fare sistema, mettere a fattore comune tutte le eccellenze di cui disponiamo. La crisi in atto ha accelerato di fatto questo processo costringendoci tutti a scelte concertate, a unire le forze e sviluppare sinergie fra pubblico e privato in tutte le sue articolazioni». L'altra grande sfida « è quella dell'innovazione, un fronte sul quale ci siamo mossi in tempi non sospetti con iniziative di grande respiro. Sappiamo bene tutti che oggi la qualità dell'apparato produttivo e dei servizi, ma ancora più del suo capitale umano, è un fattore competitivo fondamentale in una terra immersa fino in fondo nella sua dimensione "glocale", forte cioè della sua lunghissima tradizione autonomistica ma al tempo stesso determinata a rimanere ben aperta nei confronti del resto del mondo».
Ilaria Vescovi, presidente di Confindustria Trento, non può che essere d'accordo in linea di principio ma non rinuncia a qualche costruttivo distinguo. Dà atto alla Provincia di essersi mossa in maniera rapida ed efficace sul fronte della crisi, anticipando tutti e toccando ogni settore interessato, investendo anche una cifra che è lievitata da 850 a quasi 1,2 miliardi di euro. Nel conto mette anche la riduzione di un punto dell'Irap. Bisognerebbe, però, abbreviare i tempi per il passaggio dalla norma alla disponibilità finanziaria. L'accento lo pone comunque su altre cose. Sul sostegno alla internazionalizzazione delle imprese, ad esempio, «perché – sostiene – non servono iniziative generiche come è avvenuto in passato ma le cose concrete di cui hanno realisticamente bisogno le aziende per affacciarsi sui mercati».
E poi c'è il nodo della ricerca. In Trentino ci sono circa 2mila ricercatori che operano in 19 diversi centri, il tutto a fronte di una popolazione di circa 500mila residenti. «Nessuno contesta che l'impegno ci sia – dice Vescovi – ma bisogna anche guardare alle piccole aziende che hanno bisogno di aiuto per passare da un'idea a un prodotto, per sviluppare una tecnologia che già hanno. È questo lo sforzo aggiuntivo da fare». Qualche sassolino dalla scarpa se lo toglie anche in tema di energia: bene l'acquisizione delle centrali idroelettriche da Enel ed Edison ma è rimasto un contingentamento della produzione che è sicuramente penalizzante. E ancora c'è il nodo di Rovereto da sciogliere perché un'area strategica come l'ex manifattura tabacchi non finisca nel vuoto decisionale in cui è finito lo spazio ex Alumetal.
«Quello che serve è un po' meno pubblico e un po' più di privato – commenta Ermanno Monari, segretario della Uil – l'azione della Provincia è buona, in certi casi come ora con la crisi molto efficace, ma bisogna stimolare la libera intrapresa, farla uscire da una sorta di comodo torpore congenito. Se il tutto poi fosse accompagnato anche da un taglio ai costi della politica certo non guasterebbe».
claudio.pasqualetto@ilsole24ore.com
